Decalogo 1 è il primo dei dieci mediometraggi realizzati nel 1988 dal regista polacco Krzysztof Kieślowski, sulla sceneggiatura di Krzysztof Piesiewicz. 

La sontuosa opera si articola in dieci diverse storie che coinvolgono ogni volta un condomino differente di un palazzo della fredda Varsavia. Ogni vicenda si ispira ad un comandamento della Bibbia, che viene puntualmente trasgredito da uno dei personaggi, i quali si troveranno ad affrontarne le conseguenze. Krzysztof, il  protagonista principale del primo episodio, è un professore universitario che vive con il figlio undicenne, Pawel, bambino vivace e curioso, il quale, come il padre, è appassionato di tecnologia e si diverte a risolvere al computer problemi di matematica o a creare semplici programmi. Un’altra figura centrale è quella della zia Irena, sorella del padre, la quale spesso aiuta il fratello ad occuparsi di Pawel in mancanza della madre probabilmente divorziata dal marito. Nonostante i due fratelli abbiano ricevuto la stessa educazione, hanno una visione molto diversa della vita: Krzysztof si affida alla scienza e alla tecnologia, adorando il computer quasi come un dio, ritenendolo in grado di dare certezze, di determinare ciò che accadrà in futuro senza neanche contemplare alcun margine di errore; la zia Irena, invece, crede nel Dio cristiano coltivando una fede molto semplice, che non ha bisogno di tante spiegazioni ma che si manifesta con l’amore. 

Un giorno Pawel, scosso dalla visione di un cane randagio morto ghiacciato dal gelo dell’inverno, si trova a porre domande sul senso della vita al papà e alla zia, ascoltando con uguale attenzione le risposte dei due, seppur queste manifestino una concezione opposta dell’esistenza. “Perché questo? Che m’importa di quanti minuti ci mette la Signorina Piggy a raggiungere Kermit? A cosa serve?” Pawel lo domanda al padre quasi arrabbiato; se tutto può essere calcolato com’è possibile che la morte ci colga di sorpresa? E se davvero la vita può essere stroncata così inaspettatamente, allora nulla ha più senso; a che servono i calcoli matematici, le cose materiali? Il bambino con una domanda così ingenua ha già compreso ciò che suo padre ignora completamente: l’imprevedibilità della vita, il caso, l’errore. 

Grazie a questo capolavoro della cinematografia Kieślowski ci invita a riflettere su alcune tematiche specificatamente esistenziali, restando sempre in bilico tra fede e scienza, imprevedibilità e sicurezza, ignoto e conosciuto, acqua e ghiaccio. Il liquido è un elemento ricorrente nel film che ci permette di attenzionare indizi fondamentali per comprenderlo nella sua interezza: l’acqua del laghetto, l’inchiostro del calamaio, la cera della candela che gocciola, il sudore sulla fronte di un padre sconvolto. La colonna sonora ci trasmette da subito quello stato di tensione e attesa e quasi anticipa gli eventi che si verificheranno in seguito, creando un’aura di mistero che ci spinge a partecipare e a tenere viva l’attenzione. All’intero svolgimento della vicenda assiste vigile un “testimone silenzioso”, personaggio ambiguo e presente in tutti gli episodi, tranne che nell’ultimo; sarà forse la rappresentazione di un Dio spettatore delle disgrazie dell’uomo o un angelo silente? Kieślowski lascia la risposta aperta alle interpretazioni dello spettatore, il quale viene sempre più incuriosito da tutti questi messaggi che sembrano pezzi di un puzzle che sta a lui comporre.

“Thriller della mente e del cuore” viene definito dal critico cinematografico Pino Farinotti, un’esperienza coinvolgente che mette in campo i sentimenti proprio quando l’uomo sembra averli dimenticati. La figura di Pawel, in continuo movimento e sempre voglioso di conoscere, ci mostra la vivacità dell’infanzia che si contrappone alla staticità e al cinismo del padre adulto, il quale crede di avere già la risposta ad ogni domanda, ma l’imprevedibilità della vita lo farà ricredere. La casualità gioca con gli uomini e le loro certezze, ma è davvero il caso l’elemento che sconvolgerà il corso degli eventi? “Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altro dio all’infuori di me” questo è il primo comandamento con il quale Krzysztof si troverà a fare i conti, una dimensione diversa dalla sua con la quale non si era mai veramente confrontato.

Indimenticabile la regia di Kieślowski, il quale ha saputo cogliere persino i più intimi sentimenti dei singoli personaggi, grazie ai primi piani studiati con maestria ed i cambi repentini da una scena ad un’altra, quasi come parti di un tutto da assemblare. Impossibile restare indifferenti a questo capolavoro il quale, nonostante l’apparente semplicità della storia narrata, ci mette di fronte ai più grandi e abissali enigmi della condizione umana. 

Chiara Li Causi

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