Trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo fantascientifico di Stanisław Lem, il capolavoro di Andrej Tarkovskij Solaris (1972) trascende il genere fantascientifico ponendosi come un’opera strettamente autoriale nella quale Tarkovskij espone la propria visione filosofica usando la fantascienza come mezzo.  Tarkovskij narra la storia di Kris Kelvin, uno psicologo inviato ad esaminare lo stato mentale degli ultimi tre scienziati rimasti dell’equipaggio della stazione spaziale orbitante attorno al pianeta Solaris, intenti a studiare l’attività del vasto oceano che ricopre il pianeta, il quale sembra causare allucinazioni ai membri dell’equipaggio sfruttando la loro psiche e i loro ricordi. Lo stesso Kris dovrà affrontare tali allucinazioni che gli saranno di impedimento al proprio compito. Tutto ciò è abilmente narrato con un ritmo lento e angosciante che, insieme a immagini dal fortissimo potere visivo, ipnotizza lo spettatore.  La pellicola offre tantissimi spunti di riflessione e affronta temi filosofici ma ciò che appare chiaro, già dalle prime lunghe sequenze, è il rapporto tra uomo e natura. Il prologo di Solaris, aggiunta del regista rispetto al romanzo di Lem, mostra immediatamente come la sete di conoscenza spinga l’uomo verso i propri limiti e come tale ossessionata ricerca scientifica faccia sorgere dubbi sulla moralità della scienza stessa. Il contrasto, che si riproporrà per tutta la pellicola, tra razionalità e irrazionalità emerge già dal confronto da Kris e Berton, amico del padre ed ex membro dell’equipaggio su Solaris, durante il quale si sottolinea l’ossessione umana di ottenere una conoscenza razionale dell’ignoto e come essa porti all’uso immorale della scienza. Più volte, durante il film, sarà infatti proposto di ricorrere a misure drastiche e ritenibili immorali pur di portare avanti la ricerca scientifica. Solaris è l’ignoto che l’uomo non riesce a razionalizzare, a comprendere e dinnanzi al quale prova sconforto e paura, perché Solaris pone l’uomo dinnanzi i propri limiti. Il viaggio di Kris sembra essere, in un primo momento, l’incarnazione del desiderio di conoscenza di tutta l’umanità; egli stesso è fermamente razionale e scettico nei confronti delle testimonianze di Berton riguardanti le sue presunte allucinazioni causate da Solaris. Ma tutta la fiducia nella scienza e nella razionalità di Kris verrà infranta poco dopo il suo arrivo sulla stazione spaziale, dove la disperazione ha avvolto Snaut, Sartorius e Gibarian, gli ultimi membri dell’equipaggio, fortemente provati dall’attività di Solaris e spinti ai propri limiti. Quando Kris entrerà in contatto con la replica di sua moglie Hari, morta suicida anni prima, tutte le sue certezze inizieranno a vacillare e inizierà un percorso individuale attraverso il suo passato e i suoi sensi di colpa, abbandonandosi e aprendosi all’irrazionalità ed entrando in contrasto con chi invece continua ad oltranza a proseguire la ricerca scientifica, non ponendosi nessun problema di tipo morale. L’attività di Solaris induce in Kris un percorso attraverso la propria psiche, che condurrà ad un rovesciamento dei valori, in favore di ciò che è realmente importante e ad una condizione finale meno priva di certezze, ma sicuramente più umana.  Parallelamente a Kris, anche Hari svolge un percorso individuale di acquisizione di coscienza e anche lei finirà per assumere maggiore consapevolezza di sé, risultando essere più umana dell’uomo stesso, nonostante lei sia un replicante, una copia meccanica creata dall’attività dell’oceano di Solaris. La stessa tematica sarà poi affrontata da Ridley Scott in Blade Runner.  Con Solaris, Tarkovskij rappresenta la necessità, nel momento in cui lo sviluppo scientifico raggiunge una dimensione preponderante all’interno di ogni era umana, di ridefinire l’assetto morale. L’attività del pianeta Solaris viene abilmente usata come mezzo per mostrare all’uomo i propri limiti e la propria natura. “Perché andiamo a frugare nell’Universo quando non conosciamo niente di noi stessi?” afferma Kris durante il film.  Solaris è dunque un film complesso e stratificato che richiede allo spettatore una grande mole di tempo per essere elaborato e compreso nella sua vastità, tempo che merita di essere speso guardando questo immenso capolavoro, di fronte al quale non si può rimanere non colpiti. 

Valerio Volpe

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