Il mondo odierno è tanto semplice quanto complesso: questa premessa apparentemente ossimorica, in un articolo che dovrebbe essere in sé giustificato in quanto epistemologico, è quasi assurda; ma pensandoci bene, la contemporaneità assicura qualità della vita molto buone e facoltà di esistenza mediamente quasi scontate, detta con frasi fatte “si vive di più e meglio”, quindi vivere oramai è diventato molto facile, con una pillola per quasi tutte le malattie ed una soluzione a molti problemi.

Ovviamente la domanda legittima ora diventa il perché della complessità. Il gioco è intuitivo, e un po’ tautologico: è semplice perché complesso. A renderlo così è proprio il voler cercare di comprendere il perché delle cose, quindi le domande lo rendono di una difficoltà maggiore, dato che non sempre esiste una risposta. Vi sono domande di qualsiasi tipo, partendo dalle esistenzialiste, arrivando a quelle gnoseologiche.

La Storia della Scienza ci insegna che obiettivamente l’uomo ha sempre fornito spiegazioni più o meno mitiche, più o meno religiose e più o meno valide a questioni inerenti alla sua natura conoscitiva.

Voglio attenzionare un periodo storico fondamentale: il Seicento.

In questo secolo chiave vi è stata la Rivoluzione per eccellenza, quella che ha davvero sconvolto il senso dell’universo: la Rivoluzione Scientifica.

La negazione del paradigma geocentrico prima, da parte delle teorie espresse nel trattato di Niccolò Copernico, il “De revolutionibus orbium coelestium”, e dopo dalle conferme empiriche da parte del celebre Galileo Galilei che ha empiricamente giustificato l’eliocentrismo, ha portato ad un’evidente crisi interna ed alla frattura di un sistema che oramai era totalmente confermato anche dall’Ipse Dixit e quindi apparentemente non contestabile. Questa è la prima evidente prova della distruzione di una Verità onnicomprensiva, che caratterizzava il modo di vivere del mondo occidentale.

In maniera del tutto anacronistica però, vorrei esporre la visione in merito a questa scissione, ovviamente in sintesi, del fisico epistemologo Thomas Samuel Kuhn, il quale affermava che la storia del mondo fosse composta da diversi paradigmi onnicomprensivi che, susseguentesi tra di loro, causano delle crisi che portano alla rottura del sistema antecedente e ristabiliscono successivamente ordine all’avvento di quello conseguente.

In pratica, da ciò deriva la perdita della più grande verità mai esistente: il sole non sorge. La filosofia, allora, cambia un po’ l’asse di interesse, diventando pioniera nella ricerca di un assolutismo metodico scientifico che possa riconoscere ciò che può considerarsi, più o meno, vero. Un metodo che si esplichi però in quale sistema? Si dovrebbe assumere un concetto gnoseologico provvisorio di base che risieda nell’incertezza di un mondo in continua evoluzione, che muta e non si guarda indietro.

A differenza delle ambizioni che animavano i grandi pensatori seicenteschi, Friedrich Nietzsche, volendo attuare un altro salto temporale, nel capitolo 15 de “La nascita della tragedia”, descrive la scienza e la verità considerandole due rette (il riferimento a Reneé Descartes è molto sottile in questa sua affermazione) che si avvicinano asintoticamente.

Tornando in maniera circolare al quesito sulla complessità del mondo e alla risoluzione dei quesiti, le specializzazioni scientifiche indagano in maniera sempre più approfondita nei meandri dei concetti primordiali dei fenomeni fisici, chimici, matematici etc. dando risultati sempre più evidenti, più corroborati che falsificano le teorie antecedenti, mostrando validità sempre più concrete.

La consapevolezza, però, è quella che non si potrà mai avere, almeno a livello scientifico, una verità dogmatica che riesca a spiegare tutto l’universo. Secondo l’epistemologo Karl Popper, l’unica via da dover perseguire è quella di una visione falsificante delle teorie scientifiche, che possa stabilire non una possibile verità, bensì un possibile “perché” che vada a contraffare la suddetta teoria.

Antonio Enrico Lazzara

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