Considerazioni inattuali di uno studente innamorato del latino

L’istruzione: anacronistica o… inattuale?
Ecco una domanda che, appena pronunciata, suscita molteplici spunti di discussione in tal senso.
A rispondervi in maniera esaustiva è proprio Giovanni Vailati, famoso matematico noto principalmente per le questioni di carattere pedagogico-didattico da egli portate alla luce. Si servì di un’interpretazione scientifico-utilitaristica del pragmatismo che mira «a scartare un certo numero di questioni inutili: inutili, però, non per altra ragione che perché esse non sono che delle questioni apparenti o, più precisamente, non sono delle questioni affatto».
Suggerisce, in parole povere, di far buon uso della logica matematica, eliminando le parti sature dell’insegnamento al fine di garantire i mezzi e gli strumenti atti a demolire gli ostacoli propri della stessa scuola; afferma altresì che è volto all’eliminazione delle “questioni fittizie” generate dallo sterile esercizio filosofico proprio della scuola, che invece dovrebbe servire esclusivamente da supporto alle scoperte scientifiche.
«Pertanto l’illustre filosofo sminuisce il ruolo della filosofia, etichettandola come superflua e sovrabbondante?»
Assolutamente no. O meglio, circoscrive i poteri della disciplina solo ad un determinato ambito della conoscenza. Pur essendo infatti un sapere tramandato da tempi immemori non è essenziale, a suo dire, nello sviluppo del meccanismo logico-matematico adeguato. Similmente a quanto detto della filosofia si esprime in merito ai danni intellettuali che invece vengono causati dai cosiddetti “temi in classe”, utili unicamente ad «esprimere sentimenti, idee, persuasioni che non si hanno o non si sentono», mortificando di conseguenza la retorica.
«Ma quindi, cosa concorre alla Formamentis del discente nelle scuole?»
Contrariamente a quanto si possa immaginare, i fattori che influenzano l’apprendimento del singolo sono molteplici: per semplicità di seguito verranno trattati esclusivamente il cosiddetto “apprendimento mnemonico” e il “ragionamento logico attivo”. Al di là dei vari indirizzi che un adolescente decide di perseguire, due sole sono le costanti che caratterizzano quelli di più alto livello: lo studio applicato e approfondito delle cosiddette “materie umanistiche” (servendosi della “mnemotecnica”), e quello delle cosiddette “materie scientifiche” (servendosi del puro raziocinio e delle abilità logico-matematiche apprese).
Ma ritorniamo a Giovanni Vailati. Nonostante sembri che il filosofo ritenga di assoluta importanza esclusivamente lo studio delle “scienze naturali”, deplorando le altre discipline, sarebbe del tutto errato affermare qualcosa di simile: riteneva infatti che «lo studio dei fatti linguistici e grammaticali, tanto nelle lingue antiche che moderne, può offrire, per l’esercizio e l’educazione appunto di tali attitudini [le abilità logico-matematiche], un campo non meno vasto e non meno degno di essere utilizzato» e ancora «gli studi linguistici hanno assunto, già da più di un secolo, il carattere di una scienza non meno “naturale” di quanto lo siano la botanica o la biologia». Alla luce di queste sue dichiarazioni, si focalizza in special modo sullo studio del latino che, allora come oggi, era oggetto di forti critiche che ne sottolineavano l’inutilità (apparente): non solo lo studio applicato di suddetta disciplina permette una maggiore comprensione sia della lingua italiana che della corrispettiva storia, ma permette in primis lo sviluppo e in secundis l’allenamento delle attitudini precedentemente citate.
In sintesi, l’apprendimento del latino è un’opportunità unica.
Giovanni Simone Butera