Sin da bambino Alan Turing, filosofo, logico e matematico britannico, fu un grande appassionato di scienza in tutte le sue sfaccettature e rimase presto affascinato dal dibattito fisico del tempo che ruotava intorno agli scritti di Heisenberg, Einstein e Schrödinger. In questo contesto Alan maturò una personale concezione nei riguardi della scienza capace di metterne in discussione diversi assiomi.
L’incontro con la logica iniziò nell’ambiente accademico leggendo “Introduzione alla filosofia matematica” di Bertrand Russell, ma ciò che lo incuriosì maggiormente fu l’affermazione paradossale: “Questo enunciato è falso”. Infatti, secondo la logica a ciò ne conseguiva che se un enunciato è falso allora è vero, mentre se è vero allora è falso.
A Cambridge l’intellettuale si mostrò determinato a voler trovare delle risposte alle problematiche a lui contemporanee: in particolare in quel periodo la matematica appariva completa e coerente però quando ai segni si attribuivano dei significati era inevitabile imbattersi nei paradossi che per il matematico non dovevano invece esistere.
Fondamentale all’interno della sua speculazione fu una domanda che si pose nell’articolo “Computer Machinery and Intelligence” del 1950: può una macchina essere in grado di pensare come gli uomini?
Ben presto fu dimostrato che le macchine utilizzano una logica immutata, mentre la mente umana ha una logica dinamica che cambia inevitabilmente con l’interazione con il (macro)mondo; tuttavia se qualcosa pensa diversamente da noi, si può dire che non stia pensando? Turing non dà una risposta ma crea l’omonimo test che è in grado di determinare se una macchina sia in grado o meno di esibire un comportamento intelligente. I dispositivi in grado di sostenere il test sono le cosiddette Macchine di Turing (o MT), le cui funzioni intellettuali emergono dalla complessità del loro software. Si tratta di macchine ideali di calcolo logico che presentano un nastro infinito (che corrisponde alla memoria del dispositivo) diviso in caselle che possono contenere solo simboli specifici, ossia 0 e 1. Queste furono introdotte già nel 1936 nello scritto “On computable numbers” che rese Turing celebre, in cui affermava che tutti i processi cerebrali derivano da un substrato calcolabile e che quindi i processi del pensiero umano sarebbero riproducibili con un automa finito come la MT.
Durante le lezioni di Max Newman, Turing conobbe i tre teoremi del matematico David Hilbert, il quale si chiese:
Può la matematica essere completa?
Può la matematica essere coerente?
Può la matematica essere decidibile?
Nel suo articolo Turing intendeva rispondere all’ultimo quesito, ossia al problema della decisione: esiste un metodo meccanico in grado di stabilire per ogni possibile affermazione matematica se essa è vera o meno?
Il primo passo era dunque definire quali fossero tutti i metodi meccanici -ossia gli algoritmi, basati su operazioni elementari-. L’idea di Turing consisteva essenzialmente nell’imitazione da parte di una macchina sia automatica che ideale delle operazioni eseguite dall’uomo con carta e penna.
Secondo Turing gli scienziati procedevano seguendo fatti ben stabiliti non lasciandosi influenzare dalle cosiddette congetture (confutabili ma non dimostrabili). “Questa opinione è del tutto sbagliata. Purché venga messo chiaramente in evidenza quali sono i fatti provati e quali siano le congetture, non può aversi alcun danno. Le congetture sono di grande importanza, giacché suggeriscono utili linee di ricerca”.
Turing però non fu solamente un grande matematico ma anche un brillante crittografo, il cui contributo nella Seconda Guerra Mondiale ebbe un valore inestimabile. Egli infatti si impegnò, insieme ad un gruppo di matematici, crittografi e giocatori di scacchi e dama, nella decodificazione dei codici nazisti trasmessi dalla macchina ENIGMA. L’errore degli inglesi stava nell’utilizzare il cervello per decifrarli, mentre per Turing solo una macchina poteva battere un’altra macchina. Grazie alla sua invenzione le truppe britanniche riuscirono a prevedere gli attacchi tedeschi e soprattutto ad evitarli, scongiurando migliaia di morti.
In generale il lavoro di Turing fu fondamentale per i campi più disparati: filosofia, logica, matematica e principalmente l’odierna informatica, tuttavia il suo lavoro durante la guerra fu riconosciuto ufficialmente solo nel 2013 con la regina Elisabetta II
Elisabetta Costanza
Nadia Pia Vella