Il paradosso della classe K, formulato dal filosofo e logico britannico Bertrand Russell tra il 1901 e il 1902, è uno dei più importanti della storia della filosofia, della logica e della matematica.

Il paradosso della classe K, formulato dal filosofo e logico britannico Bertrand Russell tra il 1901 e il 1902, è uno dei più importanti della storia della filosofia, della logica e della matematica.
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, in Europa vi fu una crisi della scienza, causata dalla nascita delle cosiddette “geometrie non euclidee”, che andavano a contraddire i famosi cinque postulati di Euclide, fino ad allora ritenuti inconfutabili. A ciò si aggiunsero la nascita della psicanalisi, la scoperta della fisica quantistica e l’avvento della teoria della relatività: tutte novità che misero in crisi i fondamenti della matematica e, di conseguenza, la scienza tutta.
Per cercare di porre fine a questa crisi, il matematico, logico e filosofo tedesco Gottlob Frege, tentò di produrre una giustificazione della matematica basata totalmente sulle leggi universali della logica (Logicismo). Egli intendeva “esibire un calcolo logico che potesse mettere in evidenza come tutta la matematica fosse riconducibile ad un piccolo insieme di principi logici basilari”.
Tuttavia, nel giugno 1902, il già citato Russell inviò a Frege una lettera, nella quale, pur difendendo la teoria del logicismo, affermava come questo portasse inevitabilmente ad un’antinomia, ovvero ad un particolare tipo di paradosso costituito da una proposizione che risulta autocontraddittoria, vera o falsa che sia.
Per comprendere questa antinomia, è necessario esporre il concetto di “classe”, definito come gruppo di oggetti che possono essere univocamente identificati tramite una proprietà che li accomuni, e successivamente fare una prima distinzione, suddividendo le classi in due categorie:
- classi normali, cioè quelle che non appartengono a sé stesse (tra i loro elementi non hanno loro stesse)
- classi anormali, cioè quelle che appartengono a sé stesse (tra i loro elementi hanno loro stesse)
Definendo K come la classe che comprende al suo interno tutte le classi che non appartengono a sé stesse, Russell si propone di determinare se essa sia una classe normale o anormale, ovvero se appartenga o no a sé stessa.
Supponendo che K sia una classe normale, ovvero non appartenga a sé stessa, essa rientrerebbe tra le “classi che non appartengono a sé stesse”, e quindi, di conseguenza, godrebbe della proprietà richiesta per appartenere a sé stessa.
Viceversa, supponendo che K sia una classe anormale, ovvero appartenga a sé stessa, essa non rientrerebbe tra le “classi che non appartengono a sé stesse”, quindi non godrebbe della proprietà richiesta per appartenere a sé stessa.
Lo stesso Russell espresse anche in modo più divertente e approssimato tale paradosso nel seguente modo:
In un villaggio vi è un solo barbiere, un uomo ben sbarbato, che rade tutti e solo gli uomini del villaggio che non si radono da soli. La domanda è: il barbiere si fa la barba da solo?

Se il barbiere si radesse da solo, verrebbe contraddetta la premessa secondo cui egli rade solo gli uomini che non si radono da soli. Se invece il barbiere non si radesse autonomamente, allora dovrebbe essere rasato dal barbiere, che però è lui stesso: in entrambi i casi si cade in una contraddizione!
Federica Butera